Palazzeschi, futurismo, BUM BUM e Rose Villain

PopPoesia_palazzeschi, futurismo, Rose Villain

“Bene , allora via aspetto TUTTI questa sera allo spettacolo futurista.”

Il gelo in aula.

Gli occhi della professoressa ci scrutavano con attenzione, come se dovessero dividere le mele marce da quelle sane.

Il messaggio era chiaro, non avevamo alternative: quella sera ci aspettavano due ore di tortura…forse.

Il futurismo è una corrente poetica, letteraria e musicale nata nei primi anni del 1900 in Italia.

I poeti che ne fecero parte esaltavano la velocità, la tecnologia, l’innovazione.

Volevano uscire dalle convenzioni di un mondo barboso fatto di lentezze, riflessioni, figure retoriche.

Erano giovani che volevano cambiare il mondo a loro modo, puntando l’accento sul rompere gli schemi e andare contro corrente. Un po’ come certi rapper di oggi insomma.

Avete presente i fumetti?

Ecco, le loro poesie erano strutturate allo stesso modo: poche parole, onomatopeiche (cioè richiamanti il rumore, il suono dell’evento descritto) assemblate tra loro, ordinate seguendo font di grandezze diverse in base al modo in cui dovevano essere lette.

Più grande era la parola, maggiore doveva essere il tono di voce nel leggerla; più era piccola, più essa andava sussurrata.

Un modo nuovo di concepire la scrittura, al passo con i tempi di un’epoca di velocità che non differiva tanto dalla nostra.

Nel giro di venti anni si era passati dalle carrozze alle macchine, dalle lettere al telefono, dalla medicina tradizionale ai primi farmaci sintetici, dall’illuminazione a gas alla corrente elettrica.

Uno scatto in avanti non tanto distante da quello dei nostri anni in cui stiamo passando dallo smartphone ai visori di realtà aumentata, da wikipedia a chat gpt, dalle medicine in pillole ai microchip sottopelle di Neuralink. (se non conosci Neuralink e sei curioso di sapere cosa è, ti suggerisco questo articolo di GeoPop, un sito di scienze e tecnologia tutto in salsa pop!).

Ma torniamo alla nostra divertentissssssima serata teatrale.

La sera arrivò presto e con la prospettiva di una bella dormita ci recammo nel gran salotto del palazzo ottocentesco che ospitava lo spettacolo.

Muri affrescati, stucchi al soffitto, lampadari in vetro di Murano: un vero tuffo nel passato.

Silenzio.

Dopo poco entrarono gli attori.

Beh, pensai, credevo peggio.

BANG, TUFF, ZAMP, BUM, BUM.

Tutti ci aspettavamo due ore di noiosa lettura senza entusiasmo, ma al contrario gli attori erano stati tanto bravi da catturare l’attenzione dei presenti, recitando con passione e muovendosi sul palco con destrezza.

Il futurismo stava prendendo una forma diversa nella mente di molti: alla fine quelle poesie non erano altro se non un modo di far sentire la propria voce, creando qualcosa di nuovo, di mai sentito prima.

Esprimevano la voglia di provare nuovi stili per lasciare il segno e stare al passo con un presente in continua evoluzione.

Ascoltando la radio questi giorni si sente spesso una canzone. E’ questa qui

Ha concorso a Sanremo.

Inizia come una tipica canzone da Festival: armonia, archi, amore.

Poi un acuto, un assolo, la musica sale e…BUM BUM BUM.

Il ritmo si modifica, cresce, il testo diventa un insieme di onomatopee: tutto cambia.

Poi torna la pace, la musicalità.

E poi ancora CLICK, BRUM, BRUM.

Non so se sia stata una ricerca, una citazione.

Non so se gli autori del testo abbiano pensato a Marinetti e al futurismo o a Francesco Slavi e alla canzone La macchina del capo.

Magari hanno concepito uno stile simile senza prendere in considerazione nessuna di queste due opzioni.

La magia della musica e della poesia è proprio questa: ogni ascoltatore può immaginare liberamente collegamenti tra epoche e stili.

A ognuno di noi verranno in mente associazioni diverse, in totale libertà.

Ascoltando la canzone di Rose Villain a me è venuto subito in mente il futurismo, la voglia di rompere gli schemi, l’intenzione di fare arte con innovazione.

Per questo mi sento di condividere con voi una di quelle poesie, per tirarla fuori dai libri di scuola e rileggerla con uno sguardo nuovo.

Che magia la poesia!

Questa poesia vuole prendere in giro la poesia classica, lasciando divertire il poeta nello scrivere in totale libertà.

Ecco per tutti noi “Lasciatemi divertire” di Aldo Palazzeschi pubblicata nel 1910 nella raccolta “L’incendiario”.

Sembra lunga, per questo vi lascio il link di un’interpretazione di Paolo Poli direttamente da YouTube. Così, per sentire cosa voleva dire rompere gli schemi più di 100 anni fa!

Tri, tri tri
Fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu, ihu.

Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.

Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.

Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!

Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche.
Sono la mia passione.

Farafarafarafa,
Tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!

Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la… spazzatura
delle altre poesie.

Bubububu,
fufufufu,
Friù!
Friù!

Se d’un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?

Bilobilobiobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù,
U.

Non è vero che non voglion dire,
vogliono dire qualcosa.
Voglion dire…
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.

Aaaaa!
Eeeee!
liii!
Qoooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!

Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
un sì gran fuoco?

Huisc… Huiusc…
Huisciu… sciu sciu,
Sciukoku… Koku koku,
Sciu
ko
ku.

Come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese.

Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.

Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi, è bene che non lo finisca,
il divertimento gli costerà caro:
gli daranno del somaro.

Labala
falala
falala
eppoi lala…
e lala, lalalalala lalala.

Certo è un azzardo un po’ forte
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.

Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!

Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono cambiati,
gli uomini non domandano più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!

Aldo Palazzeschi “Lasciatemi divertire!” – I versi più belli

  • …Licenze, licenze, licenze poetiche.”: quando leggo questi versi penso all’epoca in cui è stata scritta questa poesia. Siamo nei primi anni del 1900. Personalità come Giovanni Pascoli, Giosuè Carducci sono orami alla fine della loro carriera (e della loro vita) e il mondo della poesia è stato fortemente influenzato dalla loro ingombrante presenza, come anche da studi classici su Dante, Petrarca e compagnia bella. Il futurismo nasce proprio per rompere letterariamente gli schemi con un mondo di versi statico, aulico, ricercato, per vestirsi con parole nuove, non odiando quelle vecchie, ma semplicemente ringiovanendole.
  • …sono la… spazzatura/ delle altre poesie.”: è proprio vero. Nelle scrivere poesie spesso e volentieri certe parole, certe sillabe, nascono per poi subito morire. Vengono scritte sul foglio per poi essere cancellate con una bella croce sopra. Ed ecco dove vanno a finire: nelle poesie futuriste, nei balbettii voluti di una nuova forma poetica.
  • “…Voglion dire… / come quando uno si mette a cantare / senza saper le parole. / Una cosa molto volgare. / Ebbene, così mi piace di fare.”: tra le molte accuse che i futuristi ricevettero, una delle più pesanti era legata alla volgarità. Parole calde e tabù del tempo erano presenti nelle loro poesie e nelle loro canzoni, ma non a caso e non in abbondanza. Erano ponderate e scelte apposta per suscitare scalpore, per essere ricordate, accelerando così il processo di notorietà che solitamente spetta ai poeti una volta morti. (Lo esprime con molta chiarezza Papini in questo suo manifesto pubblicato su Lacerba nel 1915, al punto 10.) Ecco quindi qui l’intuizione sfacciata di Palazzeschi che si autodefinisce volgare, spiazzando le sicure critiche future.
  • “io ho pienamente ragione,/ i tempi sono cambiati, /gli uomini non domandano più nulla /dai poeti: / e lasciatemi divertire!”: trovo molto contemporaneo questo verso. In un’epoca di corse continue in pochi cercano riparo, risposte e consolazione nella poesia, nessuno domanda più aiuto ai poeti. Sarà forse per questo che molti generi artistici stanno andando alla deriva? Senza la responsabilità di una riflessione concreta, molti “artisti” oggi semplicemente si divertono, rendendo i loro componimenti ricchi di ritmo, ma poveri di concetti e riflessioni.

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Buona lettura!


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PopPoesia_futurismo-marinetti

Autore: Filippo Tommaso Marinetti

Titolo: Il manifesto del futurismo e altri scritti

Pagine: 85

Casa editrice: Ledizioni

Le fondamenta del movimento futurista nei testi di chi lo ha fondato.


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